lunedì 31 dicembre 2012

Cronaca magica complicatissima

Per concludere l'anno in bellezza, vi proponiamo la recensione classificatasi terza nella categoria "21-99 anni" del concorso "Recensioni in ConCorso". L'ha scritta Luca Bianchin, 23 anni.


"Cronaca di una morte annunciata" è una storia semplice con una trama complicatissima.
Storia semplice: in un paesino (sullo sfondo caraibico) Santiago Nasar (il protagonista ventunenne) viene ucciso (per una colpa imputatagli) da due uomini armati di coltello (i fratelli Vicario).
Trama complicatissima: in un paesino (in cui tutti gli abitanti sanno della morte annunciata, ma nessuno riesce a impedirla) Santiago Nasar (l’unico a non sapere della sua morte annunciata) viene ucciso (per un sospetto, più che una colpa) da due uomini armati di coltello (i quali annunciano la morte con tanta insistenza da sperare segretamente di deludere il loro stesso annuncio).
Cronaca di una morte annunciata è, sinceramente, un capolavoro narrativo. Santiago Nasar nasce nel romanzo già morto. La sua morte è così fortemente annunciata, fin dalla prima pagina – anzi, fin dal titolo – che il lettore, benché si affezionerà alla triste sorte del protagonista, dovrà abbandonare ogni speranza di salvezza. Tutti gli abitanti del paesino sapevano; e tutti, volontariamente o meno, non sono stati in grado di fermare il delitto.
Per questo viene quasi naturale ammettere che la morte di Santiago Nasar fosse un destino tracciato su tela sottile.
Un destino, sicuramente, perché la sua morte è annunciata, ovvero inevitabile. «È come se fosse già morto», ripetevano i fratelli Vicario a chi cercava di persuaderli a riporre i coltelli là dove li avevano presi.
Tuttavia, sottile è la tela su cui questo destino è tracciato, perché ogni dettaglio pare frantumare l’idea di un Fato sovraumano, geometricamente pianificato. Ogni dettaglio, ogni piccolo avvenimento di quel giorno luttuoso è casuale. È casuale che il nome di Santiago Nasar esca dalla bocca della bella Angela Vicario; è casuale che Cristo Bedoya, volendo mettere in guardia l’amico, decida di cercarlo nel posto sbagliato (anche se, ovviamente, il più probabile); è casuale che la madre, Plácida Linero, spranghi la porta al figlio proprio quando questo tentava di rifugiarsi in casa dai suoi assassini; è casuale anche il primo errore della madre: fallire l’interpretazione dei due sogni che Santiago Nasar aveva fatto prima di morire.
Alla fine del romanzo il lettore non crederà di trovare traccia del realismo magico, che caratterizza invece altri libri di García Márquez. Questo perché non è attento, e cerca la magia nel posto sbagliato. Non c’è una realtà che deve fare i conti con la magia, ma è la magia, in questo caso, ad entrare violentemente nella realtà e a dissolversi in essa. Realtà è la successione degli avvenimenti, così come si sono svolti, successivi l’uno all’altro in modo storicamente ordinato. Magici, invece, sono i dubbi, le perplessità dei protagonisti; sono le coincidenze mancate, i presagi perduti, i segnali incompresi; sono le paure e le angosce dei sicari quando vanno a dare la morte annunciata; sono l’innocenza e la spensieratezza della vittima mentre si avvicina alla morte ignorata.
Reale è il Fato, nella sua puntuale dichiarazione di morte; magica è la morte, e il suo verificarsi accidentale. Reale è il destino di Santiago Nasar, morto in piazza sotto un cielo di sguardi omertosi. Magica (finalmente García Márquez ci dà la possibilità di dirlo!) è la realtà stessa, nella sua misteriosa dinamica, inaccessibile a qualsiasi occhio indagatore.
Reale è la storia semplice, magica la trama complicatissima.

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