Testo dello spettacolo "AI-FON, IU TUB, I-BUC"





AI-FON, IU TUB, I-BUC …….. L’antefatto



Davanti ad un’apparecchiatura per il pagamento di ticket sanitari, una donna dai lineamenti vagamente  latino americani, probabilmente portoricana,  tenta disperatamente di capirne il funzionamento. Accanto a lei, una ragazzina armeggia con il suo cellulare, da cui non stacca mai gli occhi, apparentemente incurante delle difficoltà della donna.
“Ahi, madre mia! Este coso non funziona!!! … Chissà cosa vorrà dire …. Offline …” Esclama la donna, visibilmente irritata. La ragazzina, senza scomporsi minimamente, con calma le risponde: “Vuol dire che manca la linea con il centro elettronico di questa azienda sanitaria!” La prima, ancora più nervosamente ribatte: “Beh! …. E ahora io che faccio? --- Ho poco tiempo y muchisimas cosas da fare … estasera devo anche andare a laborar …”
Nel frattempo, da una porta appena accanto, escono due persone: un signore alto dai capelli brizzolati, vestito estremamente casual ed una dipendente dell’azienda sanitaria, in camice bianco. L’uomo, dall’accento che ricorda vagamente una terra di fichi d’india, limoni e “bronzi di Riace”, rivolgendosi all’impiegata, la rassicura di aver sistemato l’apparecchiatura: “Ecco fatto, ah … Adesso iè tutto apposto … Iera una cosa semplicissima, due minuti e riparte … C’era staccato u cavo LAN. Arrivederci!” E se ne va.
L’impiegata, saluta e ringrazia insieme con un solo cenno della testa, senza nemmeno sognarsi di togliere le dita dal cucchiaino di plastica che sta girando e rigirando in un bicchiere di caffè appena preso alla macchinetta.
All’udire le parole del tecnico, la signora portoricana ha uno scatto d’ira: “Como sarebbe a dire … Cavo-lan?!? … Esta macchina funziona a … verdura??? … A cavo-lani, cavo-lini, cavo-loni??? … Ma che CCCavolata è mai questa???”
La ragazzina, che evidentemente anche dai tratti somatici, è imparentata con la donna, tenta di tranquillizzarla pazientemente: “Ma nooo, zia! … Il cavo Lan … ELLE-A-ENNE è una specie di filo elettrico, solo che la presa è di tipo telefonico … serve al collegamento della macchina con la sede operativa … se è staccato, manca la linea …” La zia, dopo un sospiro, la guarda, sorride e poi con un gesto eloquente, assume una posa da top model e, scorrendo la mano per tutto il fianco destro, afferma con fierezza: “ A me, modestamente la linea non manca … anche senza cavo LAN!” L’impiegata, intanto, che evidentemente non è particolarmente oberata di lavoro, continua a mescolare il caffè, forse aspettando che si raffreddi abbastanza e, con fare pseudo-professionale, si rivolge all’utente: “Se vuole, ora può effettuare il pagamento del suo ticket … adesso funziona tutto …” Ma la donna, evidentemente poco avvezza all’uso di strumenti tecnologici, protesta vivamente: “Ma, … ma … ma … como si fa qua?!? … non vedo tasti da schiacciare!!!...” L’altra, riavviandosi verso la porta da cui era uscita: “Ma è molto semplice, basta seguire le istruzioni che appaiono sul video, è tutto molto intuitivo … e non ci sono tasti perché è un touch screen …” E la portoricana: “Che cosaaaa ?!?” L’altra insofferente, uscendo “E’ un touch screen…” La donna, visibilmente carica di rabbia, le urla dietro: “Escusa!... Taci a chi?!?!? .. y la otra parola … espero per lei che non sia un’offesa …” La ragazzina intanto non si sogna neppure di sospendere la sua frenetica attività sul telefonino, ma trova comunque il tempo di cercare di istruire la zia, pur mostrandosi un po’ meno paziente di prima: “Calmati zia … ha detto touch screen… significa che i comandi sono sul video … basta che tocchi il monitor con un dito direttamente sulla scritta che ti interessa…” La zia, pur con un po’ di imbarazzo, anche per la presenza di altri utenti nella sala, sospira: “Aaaahh! … Ma allora è proprio muy facile … Sì, sì … anzi, forse no!” Dopo che ha toccato il video per selezionare il pagamento di un ticket, si sente una voce metallica provenire dall’apparecchiatura: “PAS-SARE L’IMPE-GNA-TIVA  DALLA PAR-TE DEL BAR-CODE” La donna rimane un momento perplessa, poi spazientita esclama: “Qua dicono di passare al Bar Code … ma io no tiengo proprio tiempo de passare al Bar … soprattutto se c’è coda …” La nipote, con tono un po’ sconsolato, ma comunque senza smettere di armeggiare col cellulare: “Il Bar-Code è quel codice a barre che si trova sulla prescrizione … basta inserire la ricetta in quella fessura sotto il monitor così la macchina la legge e apparirà a video la somma che devi pagare!” Finalmente rassicurata, la portoricana segue le istruzioni della nipote, poi: “Ah, muy bien! … Y si può pagare anche con la carta di credito … veramente non l’ho mai usata prima … chissà che non sia troppo complicato … eccola qui … la inserisco como indicato sul video …. Ma, … ma cosa vuole ancora sto trabiccolo?!? …
Infatti, la voce metallica della macchina impartisce altre istruzioni alquanto oscure per la povera  sprovveduta: “HA SCEL-TO PAGA-MEN-TO CON CARTA DI CRE-DITO. INSE-RIRE IL PIN” E lei: “Cosa ha detto ?!?” La macchina ripete: “INSE-RIRE IL … PIN” La donna, sempre più incredula comincia a farfugliare: “ Il PIN ?!? … Ma insomma … prima i cavoli … e adesso gli alberi?!?!?” E la nipote: “Il PIN è il codice segreto della tua carta di credito” Ma la spiegazione non le basta: “Ma se è segreto, come faccio io a saperlo … mica sono dei servizi segreti io?!?” La nipote, senza scoraggiarsi: “La tua banca avrebbe dovuto fornirtelo quando ti è stata consegnata la carta di credito …” E la zia: “Ah, … sì, è vero, mi avevano dato una busta … ma me hanno raccomandato anche de no tenerla assieme alla carta … sì, per ragioni de sicurezza … e quindi io qui non ce l’ho. Por eso, è meglio che torni più tardi con i soldi che servono … anzi, no! … E’ meglio che mandi direttamente mio marito. Altro che starsene all’Hosteria a tracannar tequila. Che si arrangi lui a fare este cose … vieni Alice.it, ce ne andiamo a casa.”



AI-FON, IU-TUB, I-BUC:
tutto quello che avreste voluto sapere sulla “niù comunichescion”
e non avete mai osato chiedere.

Salve.
Vi voglio raccontare una strana storia che mi è successa qualche tempo fa, durante il  mio lavoro.
Un episodio che mi ha fatto capire che negli anni 2000 non è più possibile accontentarsi di quello che si è imparato a scuola, ma è necessario acquisire sempre nuove conoscenze e sforzarsi di aggiornarle.
E non solo: bisogna aggiornare anche il proprio vocabolario.
La tecnologia va avanti e non possiamo permetterci di rimanere indietro, perchè qua, in questo mondo sempre più frenetico, non ti aspetta nessuno .., rischi di rimanere ... “a piedi”..

Come?!? ... Chi sono io?!?
Sì, scusate ... non mi sono ancora presentato.
Mi chiamo Coltman,  ... Benjamin Coltman, ma tutti mi chiamano Colt.
Sono un metronotte, o se preferite una guardia giurata, un vigilante, ... ma io preferisco dire ... un ranger, suona meglio, mi fa sentire più importante e mi ricorda i fumetti che leggevo tanti anni fa, quelli con l’eroe giusto e onesto che vinceva sempre e sconfiggeva i cattivi.
Anch’io avrei voluto essere quell’eroe buono.
Come tanti ragazzini della mia età, guardavo in Tv i serials polizieschi e  sognavo di diventare anch’io un poliziotto per far trionfare la giustizia.
Ma poi crescendo, mi sono reso conto che le cose non stavano proprio come le avevo immaginate: feci domanda per entrare in polizia e superai brillantemente tutti e test, ma mi scartarono per ...... 
i piedi ... beh! insomma ... non ci credereste mai, ma fui ritenuto non idoneo perchè avevo i PIEDI PIATTI ... ma come, dico io,  .... ma se gli sbirri sono conosciuti e famosi proprio come ... “piedipiatti” ....
E non parliamo di quanto ho saputo in seguito ....
Nella mia città ci fu uno scandalo ... un’inchiesta nata dall’intuito di due giornalisti d’assalto .....  vennero smascherati numerosi agenti corrotti, violenti e collusi con la criminalità ....: mi cadde un mito!
                   
Quando fui tromb ... ehm, scartato, mi dissero però che potevo comunque trovare impiego presso un’agenzia di polizia privata; avrei potuto avere così le mie belle soddisfazioni, difendendo i miei concittadini da ladri e truffatori .... sai che roba!
Ed infatti .... l’unica porta che mi si aprì fu quella della Willer and Carson Security ... non che mi lamenti, ma il mio sogno era un po’ diverso ...
Iniziò allora la mia nuova avventura, ... una quantità enorme di notti solitarie, spesso in pessime condizioni climatiche ... pioggia, freddo, neve, nebbia ...  e poi ... noiose ispezioni: a banche, centri commerciali, villazze private ....... E questo per uno stipendio ... beh! diciamo ... inversamente proporzionale.
Il tutto per difendere da furti e soprusi non tanto le PERSONE più deboli, quanto le COSE possedute dai più ricchi e benestanti, alcuni dei quali, tra l’altro, non brillavano certo per onestà.

Ma non voglio tediarvi oltre e quindi torniamo alla nostra storia.

Quel venerdì sera, il mio turno cominciava alle diciannove. Ero molto nervoso, perché, come al solito, io ero pronto già da un pezzo, ma ancora non vedevo arrivare l’altra metà della pattuglia. Non brillava certo per puntualità, ed anche quella sera si faceva aspettare. Possibile che se la prendesse sempre così, comoda? Per poi arrivare esattamente all’ultimo decimillesimo di  secondo? Era pieno inverno e faceva un freddo cane, star lì ad aspettare qualcuno non è una cosa molto piacevole.   Ed infatti, come previsto, arrivò ai primi rintocchi della campana della torre che sovrasta il palazzo municipale. Adorava le entrate ad effetto ed infatti, appena fermò, anzi “inchiodò”  l’auto a qualche centimetro da me con una rumorosa frenata, nonostante la temperatura, abbassò il finestrino  per farmi sentire quello che considerava il suo inno: erano le note molto ritmate della colonna sonora del film Mission Impossible. Con quel sottofondo, non mancò, come sempre, di fare la sua solita sceneggiata: una presentazione in piena regola, stile poliziesco. Io, in verità, consideravo il nostro lavoro un lavoro da uomini, però tutto sommato con Beretta, la mia collega, si lavorava bene. Sì, magari vedendola in giro senza divisa, nessuno avrebbe detto che potesse essere una guardia giurata che girava con cinturone e pistola, ma almeno era divertente, anche se a volte aveva se ne usciva con delle “sparate”  da far cadere le braccia, ... nella migliore delle ipotesi. Le feci notare che era notevolmente in ritardo e che non avevo nessuna intenzione di ibernarmi e inoltre le ricordai che avevamo un ordine del giorno piuttosto nutrito. Tirai fuori da un tascone la mia agendina: la prima ispezione che era prevista aveva come meta il quarto piano della sede centrale della Pay, Pay & Pay Insurance Company, dove si trovano gli uffici dell’amministrazione.
Gli uffici, ormai chiusi da circa un’ora e mezza,  erano percorsi in largo ed in lungo da degli stretti passaggi, che facevano pensare ad un labirinto, divisi da  un groviglio di scrivanie zeppe di voluminose pratiche cartacee (alla faccia dell’era informatica), seminascoste da pannelli divisori di media altezza.
Sembrava tutto regolare, come sempre del resto, e stavamo già per uscire, quando mi accorsi che uno dei PC in fondo all’enorme stanza, su una scrivania vicino ai bagni, era rimasto acceso.
Ne vedevo in lontananza l’inconfondibile luce riflessa sul vetro della finestra che si affaccia sulla centralissima Columbus Square.
“Questi imbecilli di impiegati ...” Sbottò Beretta “.... “Non sanno che tutte le apparecchiature devono essere spente prima di andarsene? ... A meno che non ci sia ancora qualcuno a finire chissà quale pratica ... Ma, a quest’ora? ... Meglio controllare!”
Mentre ci avvicinavamo, con molta circospezione, mi balenavano in mente le varie possibilità: un dipendente che si è addormentato sul posto di lavoro ..o che si sia sentito male?!? ... Oppure, perché no, proposi a Beretta ... “potrebbe essere un caso di spionaggio industriale” ... Lei, e non capivo se scherzava o era seria, bocciò perentoriamente la mia ipotesi: “No! questa proprio no! ... Questa non è un’industria, è un’assicurazione ... “ “Ma fammi il piacere … - replicai io - forse semplicemente qualcuno  si è dimenticato di spegnere il computer.”  Eh,già  ... ma avrei fatto un dettagliato  rapporto e quello sbadato avrebbe avuto la sua lavata di capo: se la meritava proprio.
Superammo le scrivanie, un po’ impacciati, oltre che per via della mia mole tutt’altro che snella,  anche per via di tutto l’armamentario che ci dobbiamo portare dietro: giubbotto antiproiettile, torcia formato galaxy, l’enorme ricetrasmittente anni ’80 e naturalmente la calibro 44 che nel frattempo Beretta aveva estratto, non senza difficoltà, dalla sua fondina. Io invece portavo, in linea con il mio soprannome, una pistola a tamburo: una Colt per l’appunto.
“Come immaginavo, un computer è rimasto acceso, ma qui  non c’è nessuno!” Conclusi dopo che avevamo controllato anche sotto le scrivanie. Perciò tirammo un grosso sospiro di sollievo mentre Beretta alzava il frontino del berretto di ordinanza con la canna della pistola.
Sul video del PC campeggiava una delle tipiche foto da Screen saver: una di quelle spiagge esotiche con sabbia bianchissima, palme ombreggianti e mare limpido. Beretta guardava l’immagine con espressione sognante e sospirò: “Quando mi potrò permettere una bella vacanza laggiù?...., Piacerebbe anche a te, vero Colt …. Ma con questa miseria di stipendio ...”
Un movimento maldestro e la voluminosa ricetrasmittente andò ad urtare contro il mouse: subito la mia collega cambiò espressione e veloce puntò l’arma verso lo schermo del computer ... Gliela abbassai col palmo della mano: ... “Ma che fai?... Adesso prendi anche paura di un computer? ... E’ solo un semplice … come si chiama … Ah, ecco, si chiama screen saver.”
Mi chiese il significato di quella parola, ma non seppi darle una risposta adeguata, da sempre detestavo gli apparecchi informatici. Non ci capivo niente e, per di più, niente ne volevo capire. Beretta non era da meno: se io non ci capivo niente, lei … ancora meno.
Ma come mai quella reazione improvvisa, direte voi, come se si fosse trovata di fronte ad un grave ed immediato pericolo?
Semplicemente perché sullo schermo lo screen saver aveva lasciato il posto a una figura a mezzo busto di un signore un po’ scapigliato, maniche della camicia arrotolate e cravatta allentata.
Il tipo salutava con un gesto della mano. Sul suo viso un mezzo sorriso ebete mescolato ad un evidente imbarazzo.
La nostra sorpresa aumentò a dismisura quando la strana figura apparsa sul video cominciò anche a parlare ... e per giunta sembrava parlasse proprio a noi: “Salve amici... Come va? ... Avrei bisogno del vostro aiuto ....”
“Che scherzo è mai questo??? ...- Sbottò Beretta - . Questi maledetti trabiccoli  ... Come è possibile questa diavoleria? ...... Vabbè che oggi se ne vedono di tutti i colori,  ...,,, ma questa poi ..” Aggiunsi: “Vuoi vedere che hanno inventato un nuovo programma che permette ai computer di parlare con chi gli sta davanti ...”
Ma quello continuò “No amici, non è uno scherzo, non è il Pc che le parla,” Beretta chiese incredula: “Il WC che parla?” Egli riprese; “No, non il Wc, dicevo il Pc ... ma non è nemmeno il Pc, … sono proprio io ... una persona in carne ed ossa ... almeno spero ancora di esserlo.  Sono un impiegato di questa Compagnia  ...  ci siamo già visti altre volte in questi uffici, amici.”
“Prima di tutto andiamoci piano: io non sono suo amica ...- ribattè Beretta -. E spero neanche tuo, Colt …” Ed io:” Certo che no, anche se effettivamente la sua faccia non mi è nuova, ma sul fatto che sia una persona in carne ed ossa, .... direi proprio di no .... secondo me questo è solo un trucco  o o o .. una diavoleria del genere...”
“Le dico che sono  Paul,  non si ricorda? ... Paul Aster e lavoro qui da più di dieci anni ......può controllare ...”
“Anche se controlliamo, non cambia niente .... se lo metta bene in testa … lei è solo un trucco informatico! … se ne faccia una ragione!” Beretta si stava proprio spazientendo.
“.... Come faccio a farvelo capire?!?!? ....Beh! Provo a spiegarglielo in breve .... Prima di uscire dal lavoro, avevo consultato come sempre le mie e-mail. Ne ho aperto una che mi invitata ad entrare in un link .... “Entra anche tu nei segreti di Internet” ... Ho sentito puzza di imbroglio, con gli hackers e con i virus che girano ... la prima regola è quella di non aprire la e-mail che arrivano da indirizzi non sicuri .... degli “spam” insomma ... perciò volevo subito metterla nel “Cestino”, ... ed invece per la fretta ... accidenti,  ho cliccato il tasto sbagliato! ... e questo maledetto errore mi ha portato proprio al sito che volevo evitare ... insomma, non so proprio come spiegarlo, ... ma ho avuto subito una sensazione strana. Prima ho provato un senso di leggerezza, come se le mie molecole si stessero scomponendo, come se mi stessi dematerializzando  ......  e poi ... e poi  mi sono sentito risucchiare da una forza incredibile. Quando mi sono riavuto dallo shock,  mi sono trovato qui dentro ... e adesso, beh! ...adesso ne vorrei uscire al più presto ... è per questo che mi serve il vostro aiuto”.
“Calma, calma, calma ..... imeil ?  link ?... sito ? .. . metterla nel cestino ?!?  io non ci ho proprio capito niente!   .... E tu Beretta?” Beretta continuò: “ ... qua nel cestino non vedo nessuna  ...  imeil  solo cartacce .....e e e. e poi ... cliccachèèèè ?!?”
Conclusi: “ Forse è meglio che chiamiamo la  Centrale per segnalare che, che (mi stavo già pentendo di quello che avevo detto) … e che gli dico, che c’è un … un intruso dentro ad un computer ....?!?”
Lui: “Ecco, bravo!   finalmente  ha avuto una buona idea .... chissà che almeno alla Centrale ci sia qualcuno un po’ più sveglio di voi ...”
A sentire quell’offesa, Beretta perse la pazienza: “Ah, sììììì ?!? ... Noi non saremmo abbastanza svegli ?!? .... Se non sbaglio, è LEI quello che ha bisogno di aiuto .... è LEI quello s-v-e-g-l-i-o-oh oh oh  che ha premuto il tasto sbagliato ....” Ed io continuai: “Diciamo che ci ho ripensato, e che la Centrale io non la chiamo proprio .... anche perché potrebbero prendermi per matto  o pensare che abbia bevuto ... e non mi posso permettermi di perdere questo posto .... Se il mio capo pensa che io abbia bevuto durante il servizio, mi fa licenziare in tronto! ... Oh bella!!!”
Beretta non aveva colto esattamente cosa intendevo: “Intenditore, … mi confondi…”
Un po’ imbarazzato per paura di ferirla, sussurrai: “ Veramente non parlavo di te …”
E lei, delusa: “ Ah noooo?!?”
Paul intervenne cercando subito di rabbonirci: “Sentite, sentite, sentite .... scusate tanto, non volevo offendervi ... ritiro quello che ho detto, .... ma aiutatemi vi prego ...qui dentro non mi sento a mio agio ed ho paura di rimanere qui per sempre ...”
Nel frattempo, sentii un rumore ... un giro di chiave arrivava da una porta di servizio accanto a quella del bagno, mentre una voce dall’intonazione non esattamente perfetta al di là di quel muro canticchiava un motivetto di chiara matrice ispanica un tantino datato, saltando mezze parole e sostituendole con il più classico dei na-na-na-na.
Feci segno a Paul di stare zitto e dissi a Beretta di “coprirmi le spalle”. Lei inspiegabilmente pensò che avessi freddo e mi gettò sulla schiena un giaccone, probabilmente quello di Paul, che aveva trovato sull’attaccapanni vicino alla scrivania. Gettai a terra l’indumento e … gridai … ma sottovoce: “Ma nooo! Coprimi le spalle  … con la Beretta” Come potete immaginare, feci una gran fatica a farle capire che non mi riferivo a lei stessa ma alla sua pistola. Ma, nel vedere che ancora non aveva capito – stava per depositare la sua arma appena tra le mie scapole – le dissi:”Facciamo così … io vado a vedere chi tenta di entrare … tu resta qui e stai attenta che lui non scappi.” Con un balzo (sarebbe meglio soprassedere su quanto goffo mi sentii in quel movimento, appesantito com’ero da tutto l’armamentario che mi portavo dietro) mi appostai  ad un lato della porta, non senza aver fatto volare un nugolo di fogli di carta dalle scrivanie adiacenti e così quando la porta di colpo venne spalancata mi gettai addosso al nuovo entrato. Purtroppo, solo durante il breve tratto di “volo” mi resi conto che stavo schiantandomi contro un carrello pieno di scope, detersivi, stracci e  sacchi dell’immondizia: nonostante i miei tentativi di schivare l’ostacolo, il risultato fu a dir poco disastroso.
Ed ecco entrare la signora delle pulizie, una donna di quelle che hanno l’aria di averne viste di tutti i colori.
Mi si fermò accanto a gambe larghe e mani sui fianchi, smise di canticchiare e  con voce sprezzante sentenziò:
“Ah,.... meno male che c’è ancora qualche uomo vero e forte che ci difende da tutto il marciume e l’immondizia che invade la società ....... ma soprattutto che difende noi donne fragili, dolci e indifese dai maniaci ....  maniaci sì ...... ma forse questo qua vuole difendermi dai maniaci del pulito!!!! Parola di Tonkita Dolores Forbir Escobar!” (indicando il disastro che avevo combinato).
Intanto, dal computer si levava una voce implorante: “... Per favore, aiutatemi, presto, ho bisogno di aiuto .... qualcuno mi aiutiiiii ....”
La donna mi fissava con sguardo interrogativo.
Nel frattempo, mi alzai faticosamente spolverandomi la divisa e tentando di sistemare alla meno peggio il carrello.
Lei sbottò “...ma c’è qualcuno che chiede aiuto?!? .... ma dov’è? ... io qua non vedo nessun altro che abbia bisogno di aiuto .... a parte lei s’intende .... se vuole io ne conosco uno bravo ... cura bene sa .... per i problemi come i suoi!”
Beretta scoppiò a ridere:   “OOOOhhhhh!!! ... Colt,  qua oggi è già il secondo che ti tratta così .... questa seniorita e quell’altro … quello là dentro”
La donna: “... quale otro  ?!?! ... dentro donde  ?!? ...”
Beretta andò ad indicarle il video del computer: “.....  questo .... questo  coso qua!”
Lei ribatte: “.... Gliel’ho detto che ne conosco uno bravo ..... lo presento anche a lei sa  … me sembra che anche lei abbia dei grossi problemi … guardi, adesso le cerco il numero di telefono ... non è neanche tanto caro .....bravo ed economico .. ma dove l’avrò messo ?!?”
Dal monitor uscì ancora la voce implorante:  “ ...la prego signora, .... forse lei,   lui,   voi insomma ... tutti e tre assieme magari ne fate uno di buono … sì insomma, per aiutarmi ad uscire da qui ...”
Lei si avvicinò con bocca e  occhi spalancati.
Fissò il video, poi guardò me, poi Beretta, di nuovo il video e poi ancora me.
Allungai le palme delle mani verso il monitor, scuotendo la testa e sollevando le sopracciglia per sottolineare il mio imbarazzo ... le parole non mi venivano proprio, perchè spiegare una tale situazione era davvero impossibile.
Alla fine la donna si rivolse a me battendomi la mano su una spalla: “Ascoltate me ....la ditta di pulizie per cui lavoro mi ha raccomandato tas-sa-ti-va-men-te di non toccare mai i computer .... inoltre ho solo mezz’ora per pulire qui e di più per una manciata di spiccioli. Penso che sia così anche per voi due ....io dico:. io finisco il mio lavoro, voi finite il vostro giro ..... dei sacchi dell’immondizia e del carrello rovesciato ...beh, nessuno lo verrà a sapere... facciamo finta di non aver visto e sentito niente e amici come prima ... ok ?!?... altrimenti qua, dobbiamo andare a farci curare tutti e tre .... sì, da quello bravo intendo?”
Ci pensai un attimo, allibito da quanto avevo sentito, poi con decisione ribattei: “No, guardi ... io porto questa divisa per vocazione. Ed il mio compito mi impone anche di occuparmi di chi è in pericolo, perciò se vuole lei faccia pure come le pare, ma io devo risolvere questo problema.”
Ci tenevo proprio a farle capire che, anche se ero una semplice guardia giurata, facevo il mio lavoro con coscienza e dedizione. Sentivo che per me era quasi una missione quella di risolvere qualsiasi problema di sicurezza, soprattutto se c’era qualcuno in difficoltà.
Anche Beretta volle far capire il suo attaccamento al lavoro: “E io porto questa divisa … perché il nero mi slancia …. Ok, ok, ok, … la penso come lui … quasi!
Intanto il malcapitato seguiva il dialogo alternando espressioni diverse: prima implorante, poi speranzoso, quindi sfiduciato, infine disperato, ma al sentire l’ultima mia affermazione si riprese ed applaudì appassionatamente.
La signora Escobar, per tutta risposta e con fare disinteressato, riprese il suo materiale da lavoro e si rimise all’opera. Poi, per rendere la cosa ancora più straziante, ricominciò a cantare ad alta voce il motivetto che aveva interrotto. Per fortuna la sofferenza durò pochissimo, perché, dopo aver solamente svuotato i cestini, uscì dalla porta da dove era entrata senza manco salutare.
Il prigioniero del PC allora cercò di recuperare un po’ di quella calma che sembrava averlo abbandonato, contò fino a dieci, fece un respiro profondo, si ricompose ed infine si rivolse a me: “...Senta, ho capito che lei non ama molto gli strumenti informatici ... ma se segue le mie istruzioni, probabilmente riusciremo a combinare qualcosa ... bisogna almeno tentare ...”
Mi grattai la testa, un po’ dubbioso sulle mie capacità in materia, tirai un lungo sospiro e poi mi sedetti davanti alla scrivania: “E sia! .... però prima dobbiamo avvisare la centrale che siamo impegnati con una emergenza, altrimenti pensano che ci siamo persi... Forza, Beretta, avvisa tu, ma … stai sul generico, mi raccomando …. “
Ecco uno dei casi nei quali ho la conferma di una mia convinzione a cui ho già accennato: questo non è un lavoro da donne. E Beretta, quando prende un telefono o una ricetrasmittente in mano … beh! … è una donna e si sente, eccome se si sente!
Infatti, Beretta afferrò la ricetrasmittente e, alzando la voce, cominciò a comunicare: “Pronto? Pronto Centrale  ... qui è la Volpe … sì, io sto bene, e voi? … A casa tutti bene? … E i bambini? … Il mio più piccolo ha fatto gli orecchioni  ……”
Tentai più volte di attirare la sua attenzione facendo tutti i cenni possibili e immaginabili, più volte con le dita picchiai sulla sua spalla finché finalmente se ne accorse e infastidita mi chiese: “ Che c’è … Si può sapere cosa vuoi?!? …”  Le raccomandai sottovoce: “Beretta! … Il linguaggio … devi parlare in codice … non ricordi?!?”
Così, un po’ a malincuore, ricominciò la conversazione, questa volta nel modo più corretto e professionale: “Centrale, qui è la pattuglia Volpe 2 che parla. Passo”
Dall’altro capo una voce gracchiante rispose: “Qui centrale, parla Volpe 2”.
Continuò: “ Siamo alla sede dell’Assicurazione. Qui c’è un’emergenza, ci dobbiamo trattenere negli uffici al quarto piano per un soccorso. Passo.”
E l’altro: “ Vi serve assistenza, Volpe 2? ... Polizia, ambulanza, Vigili del fuoco??? Passo.”
Schiarendosi la voce, con un tono teso a minimizzare la situazione, Beretta cercò le parole più appropriate: “...No, ...no ... al limite servirebbe  .... un esperto  ......informatico ...Passo” –
La Centrale: “Mi starai mica prendendo in giro, Volpe 2, .... a cosa vi serve un esperto informatico??? Vedete di fare presto con questa emergenza e poi continuate il vostro giro. Passo e chiudo!!!”
Beretta insistette garbatamente (riusciva ad essere molto convincente): “Penso che ne avremo per un bel pezzo, forse à meglio che il giro lo continui qualcun altro ...”
Dalla Centrale arrivò una conferma insperata: “Volpe 2 … con voi non ci si annoia mai … succede sempre qualcosa … però … Ok, per questa volta và così ,,, ho giusto qui la provetta guardia giurata Mike Shoodar, pattuglia Bradipo Sei, che si sta annoiando e sarà strafelice di farsi un bel giro notturno di ronda ......Ovviamente siete in debito con lui … non so se mi spiego! Oh, però quando tornate, mi raccomando, voglio un rapporto dettagliato  su questa emergenza!!! ... Ripasso e richiudo!!!”
Quindi mi rivolsi verso il video: “Caro Paul …. penso che dovremo arrangiarci. Forza, mi dica che tasti devo premere.”
Paul: “ Ok, finalmente si comincia, ...... allora vediamo .... si potrebbe fare così: ... lei apre il motore di ricerca, poi inserisce il search in google chrome digitando “come uscire fisicamente dal web”, dalla home page .........”
Per me era troppo. Anche Beretta fece una smorfia. Ribattei bruscamente: “Piano, piano, piano .... cos’è che devo aprire ??? Il motore del computer??? ...” Proseguì Beretta: “Cosa ci serve? Un’accetta, una mannaia, forse?  … O forse è sufficiente un cacciavite … Colt, ce l’abbiamo un cacciavite, per caso??? ...” 
Paul si asciugò la fronte disperato: “Cerchiamo di mantenere la calma, ..... dunque, ... non si deve aprire il computer, o una scatola  o chissà che cosa, ..... si devono premere dei tasti sulla tastiera, ma ho paura che se devo dettare tasto per tasto, ....arriveremo alla pensione ..... e dopo l’ultima riforma, prima di arrivare alla pensione .....”
Mi illuminai: “Ah! Devo schiacciare dei tasti ......bene, bene, bene. ........”
E cominciai a battere qua e là a caso i tasti che sembravano più adatti al caso, dapprima pian piano, uno alla volta, ma poi sempre più velocemente e ci presi proprio gusto. Era una bellissima sensazione quella di lasciare libero sfogo alla chiamiamola vena musicale.
L’immagine di Paul cominciò a spostarsi dapprima tutta sulla destra del video, ora con la faccia tutta schiacciata sulla sinistra, poi in alto, in basso, ancora a destra, poi iniziò a roteare e così il povero impiegato, sempre più scapigliato ed arrossato,  cominciò a gridare: “Fermooooooo, ..... no, non così! ......Per favore, non prema altri tasti, chissà cosa mi può capitare, ..... magari mi ..... mi .... non oso pensarlo ..... magari mi taglia, mi manda nel cestino o peggio ..... mi ELIMINAAAA!!!”
Eravamo così impegnati, che non ci accorgemmo che nel frattempo qualcuno si era piazzato alle nostre  spalle: la signora delle pulizie, infatti osservava con le braccia incrociate e sguardo severo le mie performances. Al suo fianco si era aggregata una giovinastra in abbigliamento tipo rapper impegnatissima a torturare quel suo cellulare digitando a velocità supersonica.
Nella concitazione del momento, girai la testa verso di loro per un attimo e li salutai con un sonoro “Salveee!” Poi come un esagitato pianista rock tipo Emerson o Jerry Lee Lewis o come Scott Joplin in uno dei suoi irresistibili pezzi ragtime, ripresi la folle digitazione. Ma solo per pochi secondi, perchè mi resi conto che c’era un nuovo intruso e quindi mi bloccai di colpo. Mi volsi con sguardo interrogativo verso Beretta. Di scatto lei si girò verso i nuovi arrivati ed esclamò: “E voi .... che ci fate quiii?!?”.La donna, con sguardo tagliente e voce alquanto acida sibilò fra i denti: “Se dipendesse da voi due, ah, ah, .... staremmo proprio freschi ... e quel povero rincitrullito sarebbe condannato a rimanere in quella scatola tecnologica per il resto della sua vita. Meno male che qui c’è una donna .... perchè ovviamente tocca sempre a noi donne mettere tutto a posto.”
La guardai con sguardo di sfida e chiesi: “E di grazia, possiamo sapere anche noi quale soluzione ha trovato? ...”
E lei: “Muy simple! ... Ho telefonato a mia nipote .... su, Alice.it, saluta i dos mago della sicurezza  ed anche l’altro, el babbeo imprigionato nel computer ..... Avete visto? .. in un battibaleno è arrivata qui con il suo scooter. Ovviamente l’ho fatta entrare io dalla porta di servizio, ma voi, eh eh, voi non ve ne siete manco accorti. ... Lei sì ci sa fare con l’elettronica: lei ha talento per estas cosas, le basta poco per capire el problema y trovar la soluciòn, .... altro che vosotros, babbei imbranati...”
Mentre parlava, Beretta ed io non nascondevamo con ampi gesti ironici il nostro scetticismo sul fatto che quella ragazzina potesse risolvere quel guazzabuglio. Alla fine, aggrottai la fronte dandomi la solita grattatina sulla testa: “Questa non mi sembra proprio una cosa da ragazzini, questa è una cosa seria! …. Qui, qui ci vuole esperienza !!!....” Conclusi roteando enfaticamente la mano in aria.
Il povero Paul un po’ spazientito,  attirò l’attenzione dei presenti: “Non è che mi interessi molto se mi salva uno di 15, di 30 o di 70 anni, esperto o meno esperto  ..... mi basta solo che mi tiriate fuori di qui al più presto!!!”
Allora la signora delle pulizie si rivolse alla nipote: “Forza Alice.it, mettiti al lavoro e fagli vedere!”
La ragazzina mi invitò a farmi da parte e, dopo aver fatto schioccare le nocche delle dita, prese il mio posto ai comandi della tastiera.
Ma proprio in quell’istante, un i-phon di nuova generazione, appoggiato su un lato della scrivania, cominciò insistentemente a squillare al suono della tipica canzoncina stupidina del momento.
La giovane, nel vedere il cellulare, spalancò gli occhi entusiasta, lo raccolse incurante della suoneria. Lo girava e lo rigirava tra le mani. Quindi esclamò: “Strafigooooo! ... questo sì è un portento!!! .... per questo avranno sganciato anche 600 dollari ,,,”
“750 per l’esattezza ... “ Lo corresse l’uomo nel PC.
Lei  ribattè:“Allora, s’è fatto fregare! .... Invece di comprarlo in uno di questi negozi del centro, avrebbe potuto prenderlo in un Internet Shop o su E-Bay e avrebbe risparmiato una cifra ...”
Intervenne Beretta con un tono deciso dopo aver dato un’occhiata al display del telefonino: “Maaaaa,    essseee invece di discutere di quanto costa questo aggeggio .... essseee invece di discutere se è meglio comprarlo in un sexy-shop o co i pei … qualcuno volesse rispondere .... magari è una cosa importante ........... dica, dica ... chi è questo  ... ih, ih ..... “trottolino amoroso” .. che la sta chiamando ????”
Con tono alquanto imbarazzato, Paul le rispose: “ ...... Eeeeeè,   è la mia fidanzata, si chiama Rosemary, ....(poi, rivolto a me) risponda lei, la prego, ..... ma cerchi di tranquillizzarla, ..... sa,  ..... è piuttosto impressionabile .... e poi non oso immaginare se rispondesse una voce femminile …:”
Sospirai a fondo: “... Anche questa..... l’assistente sociale  mi tocca  fare ...Vabbè .... è un caso di emergenza ..... Pronto?“
Dall’altra parte una voce piuttosto titubante: “ .....Pronto, Paul, Paul, sei tu?!? ... Hai una voce tanto strana .....”
Assunsi un tono molto professionale, quasi ritto sull’attenti, mi accorsi che stavo addirittura sbattendo i tacchi: “No signora, non sono il signor Paul, ... qui parla la guardia giurata Benjamin Coltman della Willer and Carson Security .... purtroppo il signor Paul  in questo momento non è in grado di rispondere ...”
Rosemary cominciò subito ad agitarsi; il primo sintomo lo dedussi dalla voce che cominciava velocemente a salire di tono fino a raggiungere gli acuti, probabilmente oltre quei toni sarebbe sconfinata negli ultrasuoni: “Ma, ma, ma  ..è successo qualcosa al mio Paul?!? ... No, mi dica che sta bene, .... mi dica che non gli è successo niente di grave, ....la prego ..... è ferito ?,  ha avuto un incidente? .... lo hanno rapinato? ..... è in ostaggio dei banditi ??? ... Presto, mi dica dove si trova ..... all’ospedale, .... alla polizia ..... no, no ,.... non sarà mica .......no no no no ... non me lo dica ...”
Tentai di intromettermi  senza successo per cercare di calmare Rosemary con le tipiche rassicurazioni da usare in questi casi: “Ma no ..... si calmi ....stia tranquilla .... niente di grave signora .......risolviamo tutto noi ... é qui nel suo ufficio .....”
Ma la donna non mi lasciò parlare ed avendo colto solamente la parola  “Ufficio”, concluse: “Fermi lì .... Sto arrivandoooooooooo....” e chiuse la conversazione.
Intervenne Beretta, con tono alquanto sarcastico: “Perché non avete lasciato rispondere me?!? … Avrei ben saputo iiio cosa dirle per darle una bella calmata…”
Mentre la ragazzina riprendeva lo studio della complicata situazione, il povero Paul si disperò ulteriormente: “Se arriva Rosemary ... non oso pensarci, ... qua sarà ancora più difficile ... comincerà ad urlare e strepitare ... sapete, lei si lascia prendere facilmente dal panico ... “
“... Non se n’è accorto nessuno ....” esclamammo tutti in coro.
Fu allora che entrò in scena un altro personaggio. Aveva aperto con la chiave la porta principale di quegli uffici ed avanzava verso di noi con uno sguardo interrogativo. Dedussi che se aveva aperto con la chiave, doveva essere un dipendente, un funzionario o addirittura dirigente della Compagnia. Ma no, pensai tra me, ... barba incolta, jeans e giacca a vento con il logo della locale squadra di basket  e per di più sponsorizzata  ... non poteva essere uno importante.
Quando fu a pochi metri disse in una lingua stranissima, poteva essere chissà, forse di una regione del sud Italia: “Buona sera, aviti ancunu pobblema? ... Stacia passannu cca sutta ca macchina quannu mi arrivau nu sms allarm subba o miu smartphone!”
Beretta subito intervenne, scandendo parola per parola: “Intanto cerchi di parlare in un linguaggio a noi conosciuto e non questo strano idioma dialettale incomprensibile! E poi, Smartphone?!? Ha qualche problema con l’asciugacapelli???”
Lo strano personaggio chiese subito: “In che senso pobblema?”
Alice.it, la geniale ragazzina si intromise nel discorso: “Lo smartphone non è un asciugacapelli, ma un telefonino di ultima generazione”
“Vi dicevo appunto – riprese l’uomo – che mi è arrivato nu messaggio di allarme sul mio telefonino. Chi iè successo?!? … Il mio telefonino non funziona darremote control.” Lo interruppi preoccupato: “Perché, c’è stato un terremoto??? … Siamo al quarto piano, ma nonostante ciò, noi non abbiamo sentito niente …. Vero?!? (rivolgendomi a Beretta ed alla Escobar che concordarono con me).
Si intromise ancora una volta Alice.it: “Ma nooo!!! … Non terremoto …. Remote control … significa controllo a distanza:” Anche stavolta l’uomo, leggermente spazientito dal fatto di non essere compreso, ricominciò ad indagare sulla natura del problema che ci stava assillando: “Appunto! … Non posso controllare a distanza un computer se ha un problema. Quindi …. Mi volete dire o no cosa cavolo è successo?!?!? …”
Cominciammo a parlare tutti insieme (Paul, Beretta, la Escobar ed io) gesticolando animatamente. Ovviamente, il tecnico non riusciva a capire un granché, perciò si girò da una  parte tappandosi le orecchie con le mani. Quel gesto servì indubbiamente allo scopo, perchè ci zittimmo all’istante.
Ci guardò di nuovo e si rivolse a quello dei presenti che gli sembrava più affidabile, cioè a me: “Può dirmi lei cosa è successo?”
Mi sentii molto gratificato da quella scelta e con molta calma cominciai a spiegargli: “Ecco … abbiamo visto che in questo ….  (indicai il computer delineandone ampiamente i contorni) … probabilmente per … (tossii) …. Un dipend ……” Mi bloccai di colpo ed assunsi un tono alquanto minaccioso, puntando l’indice verso il nuovo arrivato: “Ma lei, chiccavolo è?!? … Come si chiama? … Chi la manda? …” Cambiai ancora una volta il mio atteggiamento, ritrovando la dovuta calma: “Ma non è per caso che lei se ne intende di questi macchinari infernali?!?!?”
Rispose con un accento già più comprensibile: “Ebbene sì, io sono Kalogero Terunbite, nome in codice KB e sono un computer tecnica della C.A.C.C.A. ovverosia Centro Assistenza Computer e Calcolatori Assemblati, nota Company in the computer Industry che detiene il Management information System di questa ditta.”
Sì, forse l’accento adesso era più comprensibile, ma il senso di quella lunga lista di strane parole sfuggiva (puro eufemismo) a tutti noi, lì presenti. A tutti, fuorchè ad Alice.it che, avendo colto il nostro evidente imbarazzo, ci tradusse il tutto in parole povere: “Vuol dire che è un tecnico dei computer e lavora per la società che fa la manutenzione ai computers di questa ditta”
Un “Aaaaaaaaaaaaaaaahhh” generale confermò che finalmente tutti avevamo capito.
“Appunto!” Sembrava fosse la sua parola preferita, infatti avevo notato che la metteva quasi in tutte le frasi. Continuò: “Miiiinch…., meno male che c’è l’interprete, altrimentiiii …”
Intervenni di nuovo: “E’ il cielo che la manda .... Beh, qua è successo che un dipendente un po’ sbadato è finito, non si capisce bene come, dentro, al suo Computer ... e non c’è verso di tirarlo fuori ... ma, forse, … anzi sicuramente lei che è un tecnico informato … ops … informaticato … ehm … beh! Insomma … forse può riuscirci lei .....”
Rimase qualche istante in silenzio, dapprima sbigottito, ma poi cominciò a riflettere.
Rimase per un po’ con gli occhi verso l’alto e una mano sul mento, poi cominciò ad andare avanti e indietro sussurrando frasi a noi incomprensibili. Noi intanto lo seguivamo con gli occhi e le nostre pupille si spostavano da destra a sinistra e viceversa, come stessimo assistendo ad una partita di tennis. Alla fine sembrò aver avuto una illuminazione, cambiò espressione ed alzando un dito disse: “Ma cettooo! ... Ho letto qualche cosa del genere su una rivista specializzata ... effettivamente sembra che la rete sia stata contaminata da un virus terribile che infetta i anche i sistemi più avanzati e che provoca delle  ... chiamiamole ... strane conseguenze come questa. Nell’articolo di questa rivista c’è scritto che gli esperti stanno studiando l’antidoto adeguato. Mi basterà fare una piccola ricerca su un sito internet che conosco e sapremo a che punto è lo studio di questo sistema antivirus. Quindi abbiamo qualche speranza di riuscire a salvare il nostro Paul .... forse non subito, ma almeno tra un po’ di tempo.”
.
Poi Kalogero si sedette alla scrivania ed aggiustò la posizione della tastiera: “Salve Paul, stia tranquillo, ora è in buone mani. Ci vorrà solo un po’ di tempo per consultare le istruzioni del caso e poi potrà ritornare fra noi ...” (”...anche se precisamente non so quando” ... soggiunse con un tono di voce molto basso ed una mano davanti alla bocca per far sentire solo a me quella considerazione).
Paul annuì, finalmente più sereno in volto. Ebbi l’impressione che i due si conoscessero e che si facessero qualche cenno d’intesa. Lì per lì non feci troppo caso a questo particolare.
Mi si accostò Beretta, che ancora non sembrava aver compreso del tutto cosa stesse per fare quello strano personaggio. Mi sussurrò qualcosa, non so se fosse un commento serio e cioè … un’idiozia oppure  una battuta sarcastica. Ma effettivamente nemmeno io capivo molto le intenzioni di Kalogero, ma non volevo far trasparire ulteriori segni di ignoranza in materia.
Poi il tecnico sembrò aver cambiato idea;  tirò fuori un portatile da una borsa che portava a tracolla: “Meglio che uso questo per la ricerca, in modo da non sovraccaricare il PC di Paul, che potrebbe rallentare notevolmente nelle funzioni che saranno necessarie.” E, dopo averlo acceso, iniziò una rapida ricerca per trovare il famoso antidoto.
A questo punto però Paul ebbe un sussulto e cominciò ad agitarsi: “ .... Oh, mamma mia .... mi sono ricordato ore che c’è un altro grosso problema ... Presto, ditemi .... che ora è? .... E’ importante ....che ora è?, che ora è? ...”
Guardai l’orologio: “Ormai sono le diciannove e quarantatre ...” Risposi.
Paul, se prima era molto agitato, ora era giunto al colmo della disperazione, arrossito come un pomodoro maturo e sembrava sull’orlo di una crisi di nervi da strapparsi i capelli: “ .... Alle venti .... alle venti ....- faticava persino a respirare -  ... alle venti c’è il cut off time .... capite?!? ... il cut off time ...”
Cercammo inutilmente, io, Beretta e la signora Escobar, di capire cosa stesse cercando di farfugliare.
Il tecnico dei computer  era l’unico che aveva compreso. Si girò verso di noi e tradusse quell’incomprensibile (almeno per noi) e disperato messaggio: “ E’ vero .... Alle 8 di sera i computer di questi uffici si spengono, ... non funzionano più ... è una questione di sicurezza ed anche di risparmio energetico per la Compagnia.”
Magari non ne capisco molto di queste cose, ma questa volta la situazione era fin troppo chiara: alle otto il computer si sarebbe disconnesso, non avrebbe funzionato più. Quello che non era chiaro era cosa sarebbe successo a Paul, nessuno di noi poteva saperlo. Perciò bisognava intervenire, trovare una soluzione e trovarla presto; quindi rivolgemmo lo sguardo all’esperto: “Cosa si può fare? ... ci dica lei cosa si può fare a questo punto.”
Rispose: “Non c’è tempo per fare la ricerca che volevo fare ... Ed anche andare a tentativi potrebbe essere inutile .... bisognerebbe fargli fare il percorso inverso di quello che lo ha fatto  risucchiare nel computer, ... ma per farlo uscire dal programma, bisognerebbe capire come ci è entrato ...bisognerebbe prima sapere se è un problema di hardware o di software ..... ma, ripeto,  ci vuole troppo tempo,  perciò bisogna trovare una soluzione provvisoria .... Visto che il PC tra pochi minuti si disconnetterà con chissà quali conseguenze per Paul, si potrebbe salvarlo e trasferirlo in una chiavetta USB o in una memoria esterna ... sperando che ci sia spazio sia sufficiente ... Poi, quando avremo più tempo, potremo trovare il rimedio definitivo.”
La signora fu la prima ad esprimere le sue perplessità: “ Salvarlo ....Beh,  sappiamo benissimo che dobbiamo salvarlo!” Ovviamente Beretta non voleva essere da meno, perciò continuò con lo stesso tono della prima:  “ ... Ma cosa è questa memoria ... esterna? .... in una chiavetta, poi … Quale chiavetta??!! La chiave di casa, forse?!? .... Boh! ... e poi è chiaro che in una chiavetta non c’è spazio per una persona in carne ed ossa ....”
Fu immediatamente fulminata da uno sguardo assassino da parte del tecnico e perciò non osò più dire altro. 
Intervenne anche Paul, in un breve momento di lucidità: “Kalogero, apra il secondo cassetto ... ci dovrebbero essere un paio di pen-drive, nuove di zecca ....”
Il tecnico apri il cassetto indicato, frugò nel disordine che vi regnava, ed estrasse le due chiavette. Velocemente ne provò una nell’apposita presa USB, ma questa non era affatto vuota ed in più aveva un misero Giga-bite di capienza, perciò la scartò subito e passò alla verifica della seconda.
“Eureka! ... è da 16 Giga ... tutti belli disponibili ...speriamo siano sufficienti” Esclamò trionfante.
Rimasi allibito, ma non volevo fare figuracce e dimostrare ancora una volta la mia ignoranza in materia, perciò non dissi quello che stavo pensando, ma ci pensò ancora una volta Beretta, che come al solito non riusciva a stare zitta: “ .... e lì dentro dovrebbe starci il povero Paul ???
... e che cavolo sono sti giga ??? ... Quell’aggeggino può contenere 16 giga ... giga ...giga, forse addirittura dei giganti? ... Questa volta non fu nemmeno presa in considerazione e ci rimase anche un po’ male.
Ma, mentre mi torturavo il cervello con mille dubbi circa l’efficacia della soluzione che si stava sperimentando, Kalogero, che evidentemente era un tipo molto pratico ed esperto, si era già messo all’opera e stava trasferendo il ...  Fail (?) come lo chiamava lui dal computer a quella chiavetta.
Paul era scomparso dal monitor ed ora vedevamo una linea orizzontale che lentamente si colorava di verde da sinistra verso destra e sopra la quale dei numeri si sovrapponevano in modo crescente ad indicare la percentuale di qualcosa il cui significato mi sfuggiva.
Il silenzio regnava rendendo ancora più incalzante la tensione, sentivamo distintamente il battito dei nostri cuori, mentre i nostri occhi si spostavano di continuo dal video all’orologio digitale appeso ad una parete del salone. Sentivamo crescere in noi un clima, anzi più che un clima oserei dire un sentimento da stadio: tifavamo a più non posso per quella percentuale che cresceva così lentamente, mentre i numeri sull’orologio giravano inesorabilmente. Poi, d’improvviso, la linea verde comincio a correre molto più velocemente, sembrava avesse superato la fase più critica e che ora la strada fosse in discesa .... 95% ... 96% ... 97% ...98% ... 99% ....100% e mancavano ancora ben 3 minuti alle venti.
Grande Terunbite, ce l’aveva fatta! Lasciò ricadere braccia e gambe dallo sfinimento, stravaccandosi sulla sedia girevole e tirando un grosso sospiro di sollievo
Non facemmo in tempo però a gioire per quel successo che si campanello cominciò a suonare e risuonare all’impazzata. Eravamo ormai allo stremo, psicologicamente parlando. Persino la signora delle pulizie, sì insomma ... la signora Escobar ... dava la sensazione, a dispetto del suo normale aspetto, di aver sofferto quei momenti così carichi di suspence. E intanto il campanello continuava a suonare.
Mandammo la ragazzina a vedere chi era arrivato. Non fece nemmeno in tempo ad aprire completamente la porta, che una bionda magrissima, dall’aria un po’ svampita, con tacchi piuttosto alti ed un cappotto rosso vivo con collo di pelliccia si precipitò all’interno del salone. Appena ci vide si lanciò verso di noi e con una voce stridula, cominciò a gridare:  “Dov’è ? ... dov’è? ....dov’è il mio Paul ...??? ...”
Rimanemmo ammutoliti. Come potevamo spiegare qualcosa di così ... inspiegabile all’innamorata?
Ci pensò la signora Escobar. Con  la delicatezza che la contraddistingueva, strappò letteralmente la chiavetta USB dalle mani di Kalogero e la consegnò altrettanto bruscamente a Rosemary: “Ecco, signorina ... il suo Paul è qui dentro! ... e se non c’è altro, beh, io me ne vado a casa, ... perchè a casa mia le faccende non le fa nessuno al posto mio.  Buonanotte!  .... (e rivolgendosi alla nipote) ... Dai Alice,it, vieni via anche tu ...”.  la ragazzina seguì la zia  senza fare obiezioni, ma uscendo si girò verso di me e Beretta con una espressione che sembrava voler dire qualcosa o forse per ribadire che lei non era per niente convinta di quella strana faccenda.
Questa volta fu Rosemary a rimanere ammutolita. Spostava di continuo il suo sguardo ora sulla chiavetta ora su di noi, finché si fermò a fissare quel piccolo congegno elettronico, accarezzandolo amorevolmente, quasi fosse stata un’urna contenente le ceneri del suo compianto amato.
Tentava di dire qualcosa, ma dalle sue labbra, nonostante un’apparente sforzo, non usciva nemmeno una sillaba, solo alcuni suoni vocali molto flebili ed acuti.
Kalogero, compreso l’estremo disagio del momento, le appoggiò una mano su una spalla e cercò di rassicurarla: “Non si preoccupi signorina. Questa è solo una soluzione provvisoria .... se mi lascia un po’ di tempo, glielo tiro fuori io il suo Paul .... Se vuole, magari già lunedì, potrebbe portarmi la chiavetta USB nella sede della mia ditta, dove abbiamo dei computer più potenti. Chissà, magari lo scopriamo noi il metodo giusto per sconfiggere questo virus, e poi – disse fiero – diventiamo famosi e finiamo da protagonisti in qualche articolo nelle riviste specializzate di elettronica.”
Rosemary era rimasta con la bocca aperta ma non riusciva ancora a proferire alcuna parola, comunque acconsentì con il classico movimento della testa.
A questo punto, non ci rimase altro che riordinare mestamente la scrivania, spegnere le luci e chiudere gli uffici.

FINE DELLA STORIA, .................... penserete voi.

NIENTAFFATTO!  ...  Ve lo dico io!


(… e il seguito ??? …. per conoscerlo bisognerà aspettare la prossima rappresentazione ….  Tenete d’occhio il ”bibliobredablog” … Vi faremo sapere!)



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